Agricoltura Biodinamica
Nel corso dell’era materialistica è stato del tutto dimenticato che cosa è necessario sapere per prendersi cura della natura. Le cose più importanti non si sanno, e così vanno avanti in qualche modo, magari per effetto di buoni istinti; ma anch’essi stanno scomparendo poco a poco. Le tradizioni svaniscono, e la gente concima i campi secondo la scienza; però le patate e i cereali diverranno sempre peggiori.
La gente sa che tutto diventa peggiore, lo rileva anche statisticamente; oggi esiste soltanto il rifiuto per i suggerimenti pratici provenienti da ciò che si può ricavare da un’indagine spirituale.
Rudolf Steiner
Bio-dinamica: nella sua etimologia ci si rende già conto del suo importante e bellissimo significato… dal greco bìos = vita e dinamikòs der. da dìnamis = forza, movimento.
Due parole che implicano un modo di osservare, lavorare, vivere la terra.
L’agricoltura biodinamica getta le sue radici a partire dalle otto conferenze tenute da Rudolf Steiner (filosofo, antroposofo, pedagogista, esoterista, artista), nel 1924 a Koberwitz, un comune rurale polacco del distretto di Breslavia, davanti ad un gruppo di circa sessanta persone, quasi tutti agricoltori ed antroposofi che si resero già conto di come e quanto terreni ed alimenti stessero assumendo una preoccupante degenerazione.
Diffusasi anche in Italia negli anni ’50, l’agricoltura biodinamica è considerata oramai una pratica agronomica a tutti gli effetti, e parte dal presupposto che il terreno agrario è un organo della Terra, che la biodiversità (boschi, siepi, insetti, animali) è fattore necessario per un organismo agricolo; che la struttura glomerulare è data dall’humus e dai micro e macropori presenti; che c’è una grande vita in comune tra microrganismi e radici delle piante.
L’agricoltura convenzionale ha messo in secondo piano il concetto di struttura del terreno, diffondendo il concetto di “agricoltura circolante”, applicando la formula N – P – K (azoto-fosforo-potassio), sostanze che sparse nel terreno circolano per essere assorbite dalle piante. Questa è la formula che ha distrutto la vita microbica dei terreni negli ultimi cinquanta anni.
Ma cosa fondamentale, l’agricoltura convenzionale ha dimenticato l’humus (vera matrice dell’agricoltura), il suo forte potere assorbente e ritenzione idrica, assieme al suo potere di grande osmosi, il quale rispecchia il più grande potere di attrazione che la Terra ha con gli Oceani…, ma anche al di fuori della Terra, con il potere di attrazione con la Luna, il Sole, i pianeti, le costellazioni.
Il modo per costruire un buon terreno, in biodinamica, è praticare la semina di sovesci con più essenze, quali leguminose, graminacee, crocifere, brassicacee ecc., perché così facendo non solo si apporta azoto in maniera naturale, ma sono le stesse radici di queste piante che lavorando il terreno a più strati gli conferiscono struttura. Per mantenerla questa struttura insieme ad una elevata attività microbica, fondamentale nei primi venti cm della superficie, con la pratica biodinamica il terreno non viene mai rigirato o fresato, ma lavorato con attrezzi ripuntatori o arieggiatori. Dunque, è “… il terreno la matrice di tutto, è la madre della vita e l’approccio dell’agricoltore dovrebbe essere pedagogico: allevare le piante come i propri figli. L’essenza della biodinamica è proprio lì: come diceva Steiner, la terra è il principio e la guida di tutto”.[1]
[1] Carlo Noro. Intervista a PORTHOS, n° 26. Porthos Edizioni.
L’agricoltura biodinamica è una agricoltura di prevenzione e di equilibrio e l’humus è il bene primario da mantenere in un terreno equilibrato. Ed è con tutte queste premesse che entra in gioco il preparato corno-letame o 500. Da una riflessione di Steiner, il corno-letame si ottiene procurando del buon letame fresco, la cosiddetta “fatta”, proveniente da pascoli che abbiano molte essenze e da vacche che non abbiano assunto farmaci. I corni, sempre di vacche, ad inizio inverno vengono riempiti e interrati in una buca specifica, dove non ci siano ristagni d’acqua, il terreno deve essere fertile, sciolto e soprattutto il luogo deve essere freddo (il freddo è la condizione necessaria per far si che il materiale si trasformi al meglio). In primavera si dissotterrano i corni, vengono battuti e selezionato il materiale che nel frattempo è divenuto una terra umida, pastosa, con profumi di sottobosco e piena di microrganismi e uova di lombrico. Lo si custodisce in contenitori di rame coperto e al buio. Sempre in primavera si prendono 200/300 grammi (dose per un ettaro), si mettono in un dinamizzatore (che può essere di rame, legno, acciaio) con 50 lt di acqua a 32°C e dinamizzato per un’ora in sequenze di vortici e controvortici per attivare i microrganismi in esso contenuti attraverso il calore dell’acqua , il moto e l’ora di tempo necessaria alla loro ripresa metabolica. Alla fine della dinamizzazione il preparato va distribuito sul terreno a gocce grandi, nel pomeriggio, quando tutte le forze della natura tornano a riposarsi. Si può ripetere il trattamento in autunno. Il corno-letame è un forte attivatore ed equilibratore dei processi microbici del terreno e colui che organizza la sostanza organica e la porta nella conformazione dell’humus.
Al fine di determinare la completa azione dinamica nel suolo e sulle piante, è necessario somministrare anche gli altri preparati biodinamici: corno-silice o 501, e i preparati da cumulo, elaborati con erbe officinali;
502 Achillea ricco in zolfo e potassio
503 Camomilla contiene zolfo e calcio
504 Ortica contiene zolfo e ferro
505 Quercia contiene calcio e zolfo
506 Tarassaco contiene silicio e zolfo
507 Valeriana contiene fosforo e zolfo
Si noterà che lo zolfo è presente in tutti i preparati, possiamo dire che esso è al centro della sostanza vegetale; come diceva Steiner, è il messaggero della luce, il mediatore dello spirito. Lo zolfo sta alla materia vegetale come la silice sta alla terra, ai materiali rocciosi.
I preparati da cumulo, così chiamati perché vengono inseriti in un cumulo di letame di vacca, ma può essere anche una concimaia, servono a demolire e migliorare il processo di trasformazione della sostanza organica. Il materiale trasformato a distanza di qualche mese lo si distribuisce sul campo, per fertilizzare e ridare vita…, come fosse una vera e propria concimazione.
Il corno-silice lo si ottiene partendo da un quarzo, il cristallo di rocca, trinciato da appositi macchinari e raffinato per renderlo fine il più possibile. Perché cristallo di rocca? Perché all’analisi contiene fino al 98% di silice, rispetto al 75-80% contenuto nella sabbia.
Si fa un impasto con acqua e lo si mette sempre in un corno per interrarlo in primavera e dissotterrarlo nell’autunno successivo. Lo si custodisce in un barattolo di vetro, esposto alla luce.
Va poi usato nella primavera successiva, alla ripresa vegetativa, mettendo 3 grammi in 50 lt di acqua tiepida e dinamizzando sempre per un’ora. Il preparato va nebulizzato in alto all’apparato fogliare, al mattino presto, quando il vento è assente e la luce è trasversale e perciò si ha maggiore rifrazione. È importante che la nebulizzazione sia molto spinta, mediante pompe ad alta pressione, in modo che le finissime goccioline non scolino dalle foglie, ma si “fissino” nell’atmosfera. La luce, attraverso i microcristalli presenti nella soluzione in sospensione, viene rifratta e quindi scomposta nelle diverse fasce cromatiche. Quanto maggiore sarà il grado di suddivisione del cristallo di rocca, tanto maggiore sarà il numero di particelle in grado di scomporre la luce, tanto maggiore sarà l’attività e l’efficacia della silice. In natura la silice svolge una funzione importantissima; essa, infatti, non è solo presente nel quarzo o nelle rocce affini, ma anche dappertutto nell’atmosfera in forma estremamente diffusa. Il 48% della nostra terra è composta di silice. Apportarla nella maniera sopracitata sulle nostre colture, facilita il suo assorbimento “cosmico”. La silice esercita un’azione di stimolo sulla fotosintesi, potenziandola.
La natura non cambia, anche se la maniera di vedere la natura invariabilmente cambia da un’epoca all’altra. Prescindendo dall’epoca, la coltivazione naturale resta sempre la fonte perenne dell’agricoltura.
Masanobu Fukuoka
UN ringraziamento per il presente articolo va al nostro amico Enrico Rosati